ELISABETTA MAISTRELLO. L’IDEATRICE DELL’ARTE DA INDOSSARE.

Una vicentina con un passato da orafa in una famiglia di orafi, che ha saputo trovare la forza e gli stimoli per fare il grande salto nel mondo dell’arte, dove si è ritagliata un suo spazio originale e apprezzato. Tutto declinato al femminile. Vi racconto la sua storia.

Ciao Elisabetta, come sai sono attento alle eccellenze di questa città e secondo me tu ne hai pieno titolo. Raccontaci la tua esperienza e il tuo percorso. Come hai iniziato e come sei arrivata a creare questo innovativo format artistico, l’Arte da indossare.

Sono nata a Vicenza, in una famiglia di orafi. Un binomio comune a tantissimi vicentini, perché questo settore ha rappresentato per molti anni il vero traino di un’intera economia. Non potevo quindi che fare lo stesso percorso della mia famiglia divenendo orafa anch’io a tutti gli effetti.

Però non era una cosa che sentissi veramente mia, a parte la fase della creazione dei gioielli in sè. Mi pesavano tutti quegli aspetti macchinosi, nel vero senso della parola, che assorbivano la quasi totalità del tempo e delle energie e che determinavano una produzione industriale di pezzi tutti uguali.

Ad un certo punto, visto che il lavoro non mi gratificava dal punto di vista creativo, ho iniziato a dipingere. O meglio, a riprendere l’attitudine che da bambina mi aveva portato a disegnare. Essendo immersa nel processo lavorativo, non ho potuto seguire gli studi artistici convenzionali, ma ho preso lezioni private da alcuni maestri vicentini e mi sono fatta la classica gavetta. Uno di questi era Vincenzo Orsoleo, purtroppo scomparso, che mi ha insegnato la cosa principale e più difficile nella pittura, ovvero come affrontare una tela bianca.


Poi ho proseguito i miei studi con un artista contemporaneo dell’iperrealismo, Luigi Pellanda, con cui ho imparato fondamentalmente tecnica. Mi è servita, ma poi ho capito che non era nelle mie corde… io sono molto istintiva, che va a getto, esplosiva. Ho così dato vita ad un percorso artistico che ho definito “eccentrismo cromatico”, ovvero questi volti molto colorati, soprattutto femminili.

Elisabetta Maistrello con uno dei suoi dipinti


Bello questo concetto di “eccentrismo cromatico” … Ma solo volti femminili? E perché?


Non c’è una motivazione razionale. Una cosa che sento dentro è proprio il volto femminile e sinceramente non voglio nemmeno dare una spiegazione vera e propria perché fa semplicemente parte della mia cifra artistica. Forse perché sono donna io stessa ed esprimo così l’emozionalità del genere femminile. È proprio un “urlo”. Forse una ricerca di me stessa.
E quando ho provato ad esplorare altri territori e soggetti artistici sono poi sempre rientrata in questa mia zona di comfort che è il volto femminile.

Ho anche studiato il perché senza darmi una risposta precisa. Le più autorevoli teorie in ambito artistico affermano che qualsiasi soggetto che l’artista decida di affrontare, sta comunque sempre ritraendo se stesso. Un pittore che ritrae un paesaggio all’aperto, se ha deciso di scegliere quel preciso posto, quell’angolazione, quella luce e quella stagione in sostanza sta ritraendo se stesso.
Forse è così. Forse sono alla continua ricerca di me stessa.
Volti maschili comunque ne dipingo, ma solo su commissione.


In un certo senso io ti vedo come ambasciatrice di un mondo, quello femminile, che ha bisogno di comunicare verso l’esterno in maniera emozionale. E i tuoi dipinti portano in primo piano non solo la bellezza, ma il carattere delle donne.


Forse inconsciamente è così… ma non lo so. Dici che dovrei farmi analizzare? (ride…)

Beh, a Vicenza abbiamo ottimi specialisti… (rido anch’io)
Scherzi a parte, nel campo dell’arte specializzarsi è fondamentale. Diversamente non si viene riconosciuti.
Prendi Botero… i suoi personaggi di taglia XXL sono il suo marchio di fabbrica.

Si, io oggi sono conosciuta per la pittrice dell’eccentrismo cromatico nei volti femminili.

Elisabetta Maistrello nel suo laboratorio

Ma spiegami come sei arrivata a capire che l’arte, questa tua arte, era la tua nuova professione dopo il percorso orafo in famiglia che ha rivestito una certa rilevanza nella tua formazione personale e professionale. Ad un certo punto ti sei detta “ecco questo è il mio lavoro”. Quando e come è successo? Un bel giorno è successo qualcosa e hai detto basta, cambio vita o è stato un percorso graduale?

Assolutamente è successo qualcosa che mi ha indotto a cambiare vita. Circa dieci anni fa ho preso atto che il mondo lavorativo nel quale ero cresciuta stava in qualche modo scricchiolando e quel modello di successo a cui eravamo abituati noi vicentini, soprattutto orafi, aveva iniziato un processo involutivo. Da quindici dipendenti che avevamo in azienda ci siamo ritrovati in tre.
A quel punto ho capito che bisognava guardarsi intorno perché lo scenario lavorativo non era roseo. Fatalità, proprio in quel periodo così difficile, mi è capitato di trovare l’uomo della mia vita.  E così ho fatto due più due e ho cambiato vita, abbracciando i miei due grandi amori. Quello personale e quello artistico.

Bene o male l’esperienza acquisita in tanti anni di attività imprenditoriale mi consentiva di partire con quel minimo di capacità produttiva, anche se in un ambito diverso. Il che mi ha consentito sin da subito di partire con il piede giusto per vivere di arte.

Quindi hai iniziato subito a fare mostre?

Certo. Mi appoggio a delle gallerie, come ad esempio Fondazione Mazzoleni di Bergamo.

Elisabetta Maistrello con il gallerista Mario Mazzoleni

Beh, una realtà prestigiosa in Italia…complimenti.

Proprio con questa galleria ho partecipato nel 2020 ad una importante collettiva di artisti contemporanei dedicata ad Andy Warhol. La sua iconica versione di Marylin Monroe mi ha molto influenzata, proprio per il soggetto di volto femminile rielaborato con il colore.

Parteciperò a Settembre 2021 ad un’altro prestigioso evento organizzato da Fondazione Mazzoleni, stavolta nel magico scenario di Venezia, intitolato “Venice StArt”, dove saranno presenti altri artisti selezionati in ambito Pop Art e arte contemporanea.

DIpinto di Elisabetta Maistrello alla mostra su Andy Warhol

Beh, qui da me la Pop Art è di casa…

Nel tuo studio è tutto arte.

Grazie.

Io l’arte classica la ammiro e la rispetto, ma non mi emoziona quanto quella contemporanea, specie quella Pop e la Street. Sono anche stata invitata ad esporre a Roma al Museo Crocetti, che mi fa onore.

Dipinto di Elisabetta Masitrello battuto all’asta

E poi sono presente regolarmente negli stand di varie gallerie alle fiere d’arte, come quella di Milano dove non è semplice essere ammessi, o ad Arte Padova, che è molto quotata, o ancora in altre all’estero sempre ospite di galleristi che apprezzano i miei lavori.

le T-shirt dipinte da Elisabetta Maistrello

Ecco questa è la cosa che mi interessa particolarmente raccontare del tuo percorso. Ho visto nei social che hai recentemente dato vita questa diversa modalità di espressione artistica, dove il supporto non è più la classica tela incorniciata, ma una maglietta bianca. Come ci sei arrivata ed in cosa consiste esattamente l’Arte da indossare?

Dire che è una T-shirt è un po’ riduttivo, però il supporto è quello. Ma a differenza di tutte le magliette con immagini anche magari belle, ma stampate e prodotte in serie, le mie sono veri e propri dipinti eseguiti a mano, ciascuno diverso e unico. Quella determinata immagine non la ripeto in nessun’altra maglietta né taglia. Per questo si possono definire Arte da indossare.

Elisabetta Maistrello “Arte da indossare”

In effetti a prima vista, se viste indossate, queste opere potrebbero sembrare semplicemente belle magliette prodotte in serie.

Si, pensa che ad un mio post nei social, dove avevo ricevuto moltissimi likes, un utente, ignaro del progetto, mi ha scritto “Ma cosa c’è di così eclatante in una maglietta fatta in serie?”. Quando gli ho risposto spiegandogli che l’avevo dipinta a mano si è scusato e mi ha fatto anche lui i complimenti.

La differenza con altre magliette, anche dipinte a mano, è che la mia è un’opera certificata, numerata autenticata in originale e che volendo si può anche incorniciare. C’è chi l’ha fatto anziché indossarla. Lascio alla sensibilità individuale scegliere che uso farne.

Io propendo per l’utilizzo, perché è un concetto che apre un nuovo scenario nei linguaggi dell’Arte. Così come Andy Warhol, passami il paragone un po’ azzardato, è riuscito a cambiare la modalità dell’espressione artistica prendendo dalla vita quotidiana un normalissimo barattolo di pelati e mettendolo in cornice, tu stai facendo un’operazione per certi versi analoga. Tu prendi uno degli oggetti più comuni come una maglietta bianca e la fai diventare un’opera d’arte. Sposti la collocazione dell’opera dalla parete al corpo delle persone. E soprattutto, gli dai il movimento!
Che è la vera novità. L’opera non è appesa e quindi statica, ma si muove con il suo acquirente, diventandone parte integrante. Il che non è l’Arte cinetica, dove l’arte è sempre appesa al muro e si muove in maniera virtuale. Qui opera e proprietario dell’opera generano insieme una nuova opera, sommatoria dei due, che gira per le strade in una sorta di “mostra cinetica itinerante”. Davvero interessante. Un’evoluzione della Street Art.

Io la definisco “Arte in movimento”.

Questa tua definizione mi piace molto e corrisponde a quello che avviene realmente.

Questo è quello che succede perché non si può camminare portandosi tutto il giorno un quadro a mano, ma con le tue opere su T-shirt si può… Questo consente di usare il termine “contemporaneo” a pieno titolo perché l’opera diventa parte integrante della vita mentre essa stessa si svolge. Il fatto che si pieghi, si usuri un po’ lavandola, si sgualcisca o rovini casualmente, la rende davvero “contemporanea” e la evolve continuamente.
Allora poi voglio provare!

Certo ti ho portato una delle mie opere su maglietta proprio per questo. (sorride)

A parte usarmi come modello/testimonial d’eccezione (rido) come vuoi promuovere questa iniziativa e dove la vuoi lanciare? Si tratta di un’idea “one shot” o vuoi farne una tua cifra stilistica? Hai trovato casualmente la tua vera strada?

Ancora… non lo so con precisione. So solo che è un progetto che sta avendo molti consensi e che sicuramente porterò avanti.

Se posso darti un consiglio l’unica cosa che devi ancora fare, ed è fondamentale, devi codificarla.

Lo farò certamente. Grazie del consiglio.

Ultima domanda… E a Vicenza cosa vuoi fare? Che programmi hai per la tua città? Non hai mai fatto niente qui?

Apri una nota dolente. Sono vicentina, ma nella mia città ho trovato poca apertura. Mi sa che è proprio vero il detto “nemo propheta in patria”… Però quando ho presentato l’iniziativa delle magliette d’artista, nel giro di venti minuti sono andate esaurite. Segno che chi ama l’arte e la bellezza non guarda la provenienza dell’artista.

Probabilmente è arrivato adesso il momento giusto. Sono certo che questa intervista ti abbia messo nella giusta luce e risalto che meriti. Magari finalmente succederà che anche nella tua città si accorgano del tuo talento.
Complimenti Elisabetta!

Elisabetta Maistrello con Maurizio Sangineto

Maurizio Sangineto

Artista, Comunicatore, Naming Specialist. Ideatore di VICENZA.COM

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