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YASMIN, L’INVENTRICE DEL NUOVO PORTA SMARTPHONE

Yasmin Naqvi è una stilista inglese di lunga esperienza, che ha da tempo scelto Vicenza come sua seconda città. Qui ha distribuito il suo talento collaborando con alcune delle più importanti realtà produttive Made in Vicenza. Oggi ha inventato la Holdster, un porta-smartphone ispirato alla fondina porta pistola di James Bond che sta facendo molto “rumour”…
L’ho intervistata per voi.


Yasmin, raccontaci come sei arrivata a Vicenza e perché?

Avevo deciso da piccola che volevo intraprendere una strada artistica commerciale. Mia madre creava tanti vestiti per me a tempo perso perché ero alta e magra e non trovavo mai dei vestiti che mi vestivano bene, non nella media inglese. Poi c’era poco di bello per le ragazze all’epoca in Inghilterra. Inoltre, mia madre si divertiva e aveva buon gusto. Gli studi con un indirizzo di moda potevano essere una strada dove avrei potuto trovare uno spazio professionale nel settore. Non mi vedevo artista pura.

Da Londra sono finita, per mia fortuna, a Nottingham per puro caso (ho sbagliato il colloquio della prima scelta di università). Qui l’Università era piena di laboratori interessanti, la città era un’ora da Londra, si offrivano stage e c’era rimasto un posto al corso di moda e maglieria… mi sono detta “perché no?”. Sapevo creare capi con la macchina da cucire, ma vedere il design e la tecnologia delle macchine per la maglieria diventò una prospettiva diversa che mi incuriosiva sempre di più.

Da lì sono poi tornata a Londra per il mio primo stage presso il colosso Marks and Spencer. In seguito, ho fatto richiesta per andare in Italia, mi è sempre piaciuto viaggiare e Marzotto (all’epoca fornitore di M&S) mi ha selezionato per venire in Italia, proprio a Vicenza. E tutto è iniziato qui, tramite un parente austraico che mi ha introdotto ad una serie di persone con le quale sono ancora in amicizia. Qui ho trovato l’amore e via via, è passata una vita e sono ancora qui!  

Yasmin, ma perchè hai scelto di restare a lavorare a Vicenza e non a Milano?

A Vicenza è da tempo presente un hub di eccellenze della fashion industry, tra cui Marzotto, Benetton e Diesel, solo per fare alcuni nomi. All’epoca venivano offerte tante opportunità, c’era un clima effervescente.  A Milano c’erano solo gli studi di moda e così sono arrivata dove la moda si realizzava davvero, come a Nottingham. Qui, due colossi in particolare hanno definito la mia carriera: Marzotto e Benetton. Erano vere scuole di eccellenza e Vicenza era piena di talenti, gente simpatica e un territorio di grande bellezza. La scelta di rimanere qui non è stata quindi così difficile.

Che figure ti hanno maggiormente influenzato nella tua carriera e con chi hai lavorato?

Molti, ma in particolare Giuliana Benetton, Silvia Stein (Miles), Nino Cerruti, MFG, Mr. Muromotto Japan.

Giuliana era un figura importante, mi ricordo che lei ci diceva che chi creava capi con filati e stoffe costose creava una bellezza facile. La vera sfida era disegnare e creare prodotti belli a prezzi contenuti, molto più difficile. La più grande soddisfazione per lei era vedere le persone per strada, nel mondo, indossare il suo prodotto. Giuliana è stata una delle poche donne a suo tempo a dirigere il creative design e il marketing.

Nino Cerruti un’altra icona di stile. L’esperienza con Nino a Parigi è stata fantastica, come Armani e Brioni, il mondo maschile è molto disciplinato per la sua natura nei colori e nei dettagli; le finiture sono importantissime, si parla di classe e stile contemporaneo ma classici.

Quando sono entrata in Marzotto ero convinta che mi avessero scelta per disegnare la linea da donna, ma solo quando sono arrivata a Valdagno, a Maglio di Sopra per essere precisa, che mi hanno comunicato che dovevo disegnare l’abbigliamento e la maglieria nel campo maschile.

Per il business direi che mi ha ispirato il Dott. Muramotto in Giappone con Shima Seiki, il più importante produttore di telai per maglieria.  Grazie ai loro macchinari è stato accelerato il successo di Benetton, tra i primi ad utilizzare questa tecnologia. Ho girato il mondo creando sfilate e conferenze di tendenza, facendo capire cos’era lo stile e come la tecnologia di Shima poteva creare prodotti di design.

Quali sono state le esperienze più creative durante la tua carriera?

Decisamente quella con Romeo Gigli, un creativo molto particolare. E poi sicuramente quella che è durata vent’anni, tra Parigi e Rimini, con Marithé e Francois Girbaud, il re e la regina dei jeans. Erano avanti di 20 anni con il loro stile e tanti concetti di vita.

E quali le più difficili?

Tra le cose più difficili decisamente c’è la gestione dei problemi di comunicazione di design development, con le figure e la tecnologia, in tre lingue diverse. Tra l’inglese, l’italiano e il giapponese si creavano situazioni complicate e molto impegnative. Eravamo persone di tre continenti diversi, con abitudini ed esperienze diverse, ma allo stesso tempo era proprio quello che ci permetteva di “tirar fuori” un prodotto bello, in poco tempo, con la vestibilità corretta.

Ci sarebbero moltissime complessità nel percorso di creazione del prodotto, come sbagliare ad interpretare un disegno per una sfilata, gestire la produzione all’estero dove magari per una svista rimane bloccata in dogana per settimane, o ancora il campionario rubato, aaah!

E inoltre c’è la difficoltà di creare un prodotto che possa garantire vendite reinventandosi ogni stagione, che oggi si sono accorciate sempre più e con meno regole.

A cosa ti ispiri durante il processo creativo?

Film, viaggi, teatro, mostre e arte, non sottovalutando anche le situazioni geo-politiche. Quando i cinesi avevano deciso in comperare delle quantità di lana importanti, il prezzo del greggio in Italia è salito alla stelle e noi designer eravamo costretti ad utilizzare materiali meno pregiati per compensare. Il design è legato al mercato… L’ispirazione arriva quando si è aggiornati su tutto, per capire e creare le tendenze.

Esiste differenza tra fashion e stile?

Sì, la moda va presa seriamente ed è importantissima. Si tratta di un business che vale più di $1 trilione a livello globale. Ma lo stile è qualcosa di diverso, che ci rende unici e riconoscibili. Per questo ho dato il nome alla mia azienda The Style Factory, uno studio che negli anni ha sviluppato tanto know how. Dopo il covid mi sono dovuta reinventare, come sempre. Oggi offriamo servizi di rebranding valorizzando gli archivi, perché nella moda spesso lo stesso stile si ripresenta.

Che consiglio daresti ai giovani vicentini che volessero entrare nel mondo della moda al giorno d’oggi?

Oggi è più difficile perché le filiere sono frantumate e purtroppo spesso le aziende pretendono che uno nasca “imparato”. Inoltre, spesso i giovani non sono pagati adeguatamente. Il mondo esterno fa fatica ad immaginare i vari ingranaggi e complessità che ci sono nel nostro settore, le regole e non regole o perché un prodotto vende un altro no… Un giovane oggi deve prepararsi per affrontare ostacoli interminabili, come un videogame. Bisogna tenersi sempre pronti ad affrontare i problemi.  C’è sempre qualcuno pronto a prendere il tuo posto, il mercato non ti aspetta, e sei solo “as good as your last collection”… bisogna guardare sempre avanti. Bisogna avere una grande resistenza alle pressioni, passione e competenze. Non basta un click, la moda è uno stile di vita in tutti sensi.

Vicenza è stato un punto in cui sei sempre tornata, nonostante tutte le esperienze fatte all’esterno e in Italia.

Oltre ad aver costruito una famiglia qui, credo che sia un territorio ricco di opportunità tutt’ora. Non solo, una città e una regione ricca di storia e cultura che dovremmo sfruttare e valorizzare ancora oggi. È una fusione tra cultura, storia e industria dove ho la mia famiglia e i miei amici. L’Italia e il suo stile di vita è ambito in tutto il mondo.

Ma veniamo ad oggi…so che stai lavorando ad un progetto molto particolare e di grande interesse ineternazionale, basato anche sulla sostenibilità…

Durante il Covid mi sono messa a studiare il mondo di digital marketing con un’azienda californiana, per capire come funziona questa nuova frontiera della tecnologia. Di conseguenza ho dato un nuovo look a The Style Factory, lavorando con dei giovani talenti e aggiungendo dei nuovi servizi basati sull’idea del re-branding. Oggi il mio stile è molto contemporaneo, grazie alle mie varie esperienze che si sono contaminate tra loro.

E inoltre sto lavorando al tema “Designing out of Waste” (“Design che nasce dai rifiuti”). Mi sto infatti dedicando al design sostenibile e sto cercando di consolidare un progetto importante. Il design sostenibile è molto più complesso di quanto si possa pensare.

Nel periodo in cui tutto il mondo era fermo, ho avuto modo di lavorare ad un progetto a cui tengo particolarmente. Ho voluto creare un prodotto autentico con gli scarti della pelle di alta gamma dell’industria automobilistica. L’ho vista come un’opportunità, per me non erano solo scarti, ma materiale prezioso da sfruttare. Il design consiste nel fare scelte e decidere i materiali, mettere insieme concetti di colore, combinare pezzi che funzionano insieme per creare stile.

Mi sono ispirata ai film di cowboy di Clint Eastwood degli anni ’80 e al mito di James Bond. I cowboy, così come gli agenti segreti, portano l’essenziale vicino al corpo. Ho voluto reinterpretare l’idea con un tocco di modernità e cambiare il focus originale facendo indossare l’essenziale di oggi: lo smartphone!

Ho quindi utilizzato le forme della borsa da sella per creare il marsupio per smartphone, il porta carte di credito combinato con l’imbracatura e ho creato la rivoluzionaria, indossabile, modulare e regolabile “Holdster“. Con la Holdster, si può portare l’accessorio più fondamentale dei nostri tempi indossandolo con stile e una grande sensazione di leggerezza. Si tratta di un prodotto unico, di qualità, realizzato interamente qui nella nostra provincia. La pelle proviene dagli scarti del settore automobilistico. Ha dei trattamenti particolari, che la rendono più difficile da riciclare, ma che allo stesso tempo la rendono molto duratura.

Infine, grazie alla mia esperienze di fashion designer sto lavorando da un po’ per lanciare un podcast “Why Fashion Matters” per comunicare il dietro le quinte della fashion industry e la costruzione dello stile. Sono ancora all’inizio ma credo possa essere un progetto davvero interessante.

Il fashion è la forma di espressione personale più immediata. Si parla molto di diversità oggi ma vedo solo tanti aggregamenti di stile grazie al fast fashion, con poca individualità. Vedo giovani ragazze intrappolate in vestiti più o meno uguali, senza un’identità. Lo stile è ciò che ci rende unici e riconoscibili per la nostra irripetibilità, per essere ricordato bisogna avere un abbigliamento vincente. Lo stile innanzitutto!

You gotta have style. It helps you get down the stairs. It helps you get up in the morning. It’s a way of life. Without it, you’re nobody. I’m not talking about lots of clothes.

Yasmin Naqvi con Maurizio Sangineto


Maurizio Sangineto

Artista, Comunicatore, Naming Specialist. Ideatore di VICENZA.COM

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